Thursday 30 October 2008

Biennale di architettura 2008: architecture without building.

Architecture without building è lo slogan dell'undicesima mostra internazionale di architettura ospitata alla biennale di Venezia e curata da Aaron Betsky.

Il problema fondamentale è che Betsky è uno storico dell'arte: il suo approccio è quello, a ragione ipercriticato, che fa dell'architettura un'arte figurativa sottostante alla logica dell'ars gratia artis. Di conseguenza, le installazioni tendono all'autoreferenzialità, sottraendosi in gran parte dei casi a ragionamenti progettuali in favore di figurazioni più o meno riuscite, ed il visitatore si trova a passare dalle monadi leibnitziane, critiche nei migliori dei casi, delle Corderie dell'Arsenale e del Padiglione Italia alle stratificazioni bulimiche di progetti ospitate dai padiglioni nazionali, illeggibili nei tempi compressi che la visita ad un'esposizione impone.

Eccezioni notevoli sono state in questo senso la città per macchine volanti presentata da MVRDV; s1ngletown, insieme di dispositivi spaziali per persone che vivono sole in un mondo sempre più popolato, ideata da un collettivo olandese, e la sempre olandese presa in giro delle ultime tendenze progettuali (sotto forma di fotomontaggio); apprezzabili (finché non se ne legge l'abstract) la megastruttura astronaviforme francese ed il canyon/caverna-teatro, forse perché giocando con le grandi dimensioni accendono l'immaginario dei sogni erotici proibiti di un architetto.
Le cose più fastidiose alla fine però non sono le installazioni dall'ermetismo programmatico, quanto quelle che sembrano voler gridare a squarciagola "Natura!", "Verde!", o "Sostenibile!", senza per questo porsi in modo riflessivo rispetto a questi temi, prediligendo una retorica del colore e dell'alberello facile.

** (*** solo perché in quanto Biennale stimola comunque la mente).

2 comments:

Corinna said...

ma come.....andando in là con gli anni ti sei addolcito?

Unknown said...

E' assai probabile. E questo sarà l'inizio della fine!