Wednesday 27 February 2008

Pascal Engel, Richard Rorty - A cosa serve la verità?

Regalo di Natale di Corinna, è un libro nato da un'animata discussione tenuta alla Sorbona nel novembre 2002 tra Richard Rorty, esponente della corrente pragmatista della filosofia analitica americana, e Pascal Engel, studioso della filosofia analitica formato in Francia.

Il dibattito è acceso, si sprecano eleganti sconfessioni reciproche e schiaffi retorici in punta di fioretto, ma è la materia del contendere ad essere sbagliata in principio: meno Engel (in virtù della tradizione filosofica europea, difficile da gettare alle ortiche?), e più Rorty, considerano il problema della verità come mal posto, e la nozione di 'vero' come una semplice proprietà di rispondenza a delle caratteristiche condivise dalla collettività ('giustificate', direbbero i due filosofi), rifiutando radicalmente qualsiasi interpretazione dotata di implicazioni metafisiche o metaetiche.

Citato da Secchi durante la lezione inaugurale dell'anno accademico del corso di laurea in architettura per la città.

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Monday 25 February 2008

Albert Camus - Lo straniero

Primo approccio all'opera di Camus, circondata da sempre dall'alone di negatività e difficoltà impostogli dal pater familias nelle narrazioni sugli studi; allo stesso tempo si tratta probabilmente del primo passo in un progetto di inquadramento ed assimilazione della scena letteraria e filosofica del Novecento francese introdottami lo scorso anno attraverso Raymond Queneau e Roland Barthes: in quest'ottica dovrei arrivare a conoscere perlomeno Gide, Sartre, Proust e Lévi-Strauss.

Si tratta di un romanzo breve, ambientato nell'Algeria coloniale del periodo tra le due guerre mondiali, in cui il protagonista, un modesto impiegato, vive in uno stato di costante indifferenza ed estraneità a sé stesso e al mondo. La sua impassibilità non viene meno nemmeno quando le sue condizioni esteriori mutano drammaticamente in seguito all'uccisione di un arabo ed al conseguente processo: Meursault affronta la prigionia e la condanna a morte accettandole come parte integrante della sua vita, senza cercare nemmeno di giustificare l'omicidio commesso, la cui portata non lo tange, e che per lui ha il medesimo, piatto significato di ogni altro evento scivolatogli addosso nel corso dell'esistenza. Bollato come mostro dalla società e dalla giustizia, va incontro alla morte con la stessa, quasi felice, indifferenza con cui ha accettato la morte di sua madre, è andato al cinema o ha fatto l'amore con Maria (che pur non comprendendolo lo ama).

Eppure, Meursault (e per estensione l'intero romanzo) non è patetico: la sua atarattica visione del mondo né eroica né antieroica è mediata da una logica esasperata che riconduce ogni verità all'esistenza, accettata senza drammi come vera ed unica possibile condizione umana.
Composto in una prosa asciutta ma non per questo meno efficace nella costruzione delle immagini, il libro restituisce un'Algeria dalla luce abbacinante, il caldo soffocante e il mare di metallo fuso - scenario cittadino, ma allo stesso tempo deserto e desertico, perfetto sfondo a quanto si consuma nella narrazione.

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Sunday 24 February 2008

Trentadue piccoli film su Glenn Gould

Trentadue episodi di lunghezza variabile da sei a meno di un minuto tentano di catturare altrettante impressioni del geniale pianista canadese. François Girard compone il mosaico alternando brani recitati ad interviste ed animazioni, ritraendo Gould attraverso la sua musica - che peraltro pervade e commenta tutto il lungometraggio - ed il suo pensiero, esternato principalmente nella trilogia di radio documentari sulla solitudine. Ne emerge un Gould assoluto, vagamente autistico, un po' matto, egocentrico, ma allo stesso tempo gentile e per certi versi estremamente saggio.
Bello Colm Feore.

Scoperte musicali:
  • Ludwig van Beethoven, Sonata per pianoforte no. 17 in re minore, Op. 31, No. 2 "La tempesta"
  • Ludwig van Beethoven, Variazioni in do minore, WoO 80
  • Glenn Gould, Op. 1
***++

Saturday 23 February 2008

J. R. R. Tolkien - I figli di Húrin

Regalo di Natale di mio padre, inatteso e per questo a maggior ragione estremamente apprezzato.

Il lavoro editoriale di Christopher Tolkien ha restituito probabilmente l'ultimo tassello del ciclo di Arda giunto ad una forma letteraria più o meno completa per la maggior parte della sua lunghezza (non a caso si trattava del racconto più importante, per estensione, del Silmarillion): il testo, per quanto necessariamente artificiale è stato ricomposto con pazienza e cura sia filologica che letteraria, completando il racconto laddove si interrompeva mediante lacerti provenienti dalle trattazioni annalistiche degli eventi della Prima Era redatte da J. R. R. Tolkien in momenti diversi.

Húrin, fatto prigioniero da Morgoth dopo la Battaglia delle Innumerevoli Lacrime, vede la propria discendenza maledetta dal Vala ribelle, ed è costretto ad assistere alle sventure del figlio Túrin, valoroso ma dall'animo adombrato di rabbia ed orgoglio, e della figlia Niënor, nata dopo la morte della sorella Lalaith e fuggita con la madre nel Doriath. Túrin è perseguitato dal destino nefasto profetato da Morgoth, e nemmeno la modifica del suo nome in Turambar - padrone della sorte - riuscirà ad evitargli una fine funesta: ingannato dal drago Glaurung, il grande verme di Morgoth che lui stesso alla fine ucciderà, sposerà Niënor senza riconoscerla, ne causerà la morte e si suiciderà gettandosi sulla sua Spada Nera.

Túrin è il prototipo dell'eroe epico: è dotato di valore, coraggio, una certa quale furia, è uccisore di draghi e di uomini; allo stesso tempo è l'incarnazione dell'eroe tragico di stampo edipico: condannato alla non conoscenza, sarà lui stesso, a motivo del proprio valore, la ragione della rovina propria e di coloro che lo circondano.

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Classico Manifesto. Pubblicità e Tradizione classica - Milano, Triennale, dal 13 febbraio al 24 marzo 2008

La rapida visita alla triennale nel corso del mio weekend milanese mi ha permesso di vedere l'esposizione organizzata dal centro studi civiltà e tradizione del classico (curatori: Monica Centanni, Katia Mazzucco, Alberto Ferlenga). Devo ammettere che, conoscendo la Centanni ed il materiale su pubblicità e tradizione classica presente all'interno dell'Originale assente, avevo grandi aspettative, che però sono state frustrate dalla visita dell'allestimento. Il suo grande difetto, a fronte di pregi quali la divisione sistematica e la compresenza di passato e modernità, riduce gli esempi a pochi casi dal sembiante trito, o troppo banali o eccessivamente macchinosi. E' probabile che la causa dietro a ciò siano ragioni organizzative e gestionali, tuttavia è un peccato che una mostra basata su un lavoro eccellente e di grande potenziale rinunci alle faville che sarebbero sue di diritto.

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L'arte delle donne. Dal Rinascimento al surrealismo - Palazzo Reale, Milano

Ho approcciato questa mostra senza pregiudizi, ma non posso negare che nel corso della visita sia emersa una nausea di fondo che mi portava a domandarmi la ragione del vedere opere di medio valore artistico mentre nello stesso palazzo sono contemporaneamente esposti capolavori assoluti del mio amato Canova: forse avrei dovuto ascoltare mademoiselle e farmi guidare attraverso l'esposizione da un'audioguida che mi distraesse da riflessioni critiche.

Caratteristica peculiare dell'artista di sesso femminile è la differente sensibilità nella scelta del soggetto rispetto al suo corrispettivo maschile; inoltre, una vena che non esiterei a definire "psicologica" informa la sua opera della personalità del soggetto ritratto (oltre che, naturalmente, di quella dell'autrice), e lo fa in modo molto più chiaro e sintetico rispetto a come farebbe qualsiasi artista maschio, che invece tenderebbe a concettualizzare anche le emozioni.

Una conferma nelle mie preferenze artistiche: Tamara Lempicka.

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Thursday 21 February 2008

Iliade. Da Omero a Omero - Teatro Goldoni

Trionfo assoluto di Monica Centanni, che ha curato la riscrittura del racconto omerico a partire dall'Iliade stessa, incorporando sapientemente l'incrostazione di apporti successivi ad opera di tragici, poeti, filosofi e storiografi dell'intero evo antico, da Eschilo a Lucrezio e Virgilio, nella migliore tradizione del concetto di classico.
Bravissimo Sebastiano Lo Monaco, aedo cantante del Pelide Achille l'ira funesta: riscattandosi del non memorabile Otello del giorno precedente ha prestato la voce con sensibilità musica alle tribolazioni - e alle gioie - di Achei e Troiani, diventando lui stesso di volta in volta Agamennone, Ifigenia, Achille, Ettore, Andromaca o Priamo, e ricreando l'incanto antico dell'ascoltatore che si commuove all'udire ancora una volta, oggi come tremila anni fa, il racconto di uomini che vissero perché il loro nome divenisse immortale.

L'Iliade è dramma di Ares e Afrodite, ma è Ares il dio vincitore: Ares, che unico tra gli dèi non si schiera con nessuna delle parti, Ares divoratore di uomini, che di nero sangue fa il suo cibo, e a cui solo questo interessa: che per dieci anni si combatta, che le armi di bronzo siano foriere di morte. Ma l'Iliade è anche custode dell'essenza di una civiltà, poiché Achei e Troiani hanno la stessa lingua, la stessa cultura, gli stessi dèi e gli stessi valori: Achille e Priamo parlano, piangono e infine esausti, dormono insieme, perché nell'Iliade la parola 'barbaro' non esiste.

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Wednesday 20 February 2008

Otello - Teatro Goldoni

Secondo classico dal cartellone del teatro Goldoni nell'ambito della rassegna Variazioni Sul Mito promossa da Engramma.

Il racconto è quello immortalato da Shakespeare nell'omonima tragedia, condensato dal regista in due lunghi atti in luogo dei cinque originali: l'amore, l'invidia, l'odio e la gelosia con l'inevitabile climax tragica che porta all'omicidio sono il motore del dramma.
Protagonista assoluto è Iago, genio del male che agisce a proprio vantaggio, non amando altri che sé stesso, portando alla rovina chi si trova sul suo cammino e dissimulando la malizia con le stesse innocenti armi delle sue vittime, diventando in questo l'incarnazione stessa dell'azione diabolica. In questo senso Massimiliano Vado ruba la scena all'altrimenti più carismatico Sebastiano Lo Monaco: è brillante, nevrotico, e forse nella sua disumanità più umano di personaggi eccessivi perché troppo buoni (Desdemona, Otello, Cassio), troppo letterari (Roderigo, cicisbeo idiota) o semplicemente incoerenti (Emilia, la moglie di Iago, le cui metapreferenze in ambito morale sono definite più in campo teorico che in campo pratico).

Il ritrovo all'esterno del teatro al termine della rappresentazione e il conseguente scambio di opinioni con Monica Centanni e tutti i satelliti engrammatici ha portato alla luce il più grande difetto dello spettacolo: Otello è reso da Lo Monaco come un personaggio pervaso da una comicità di fondo, sia nella parlata (la cadenza sicula emergente al momento meno opportuno) che nelle movenze e nella mimesi teatrale, e non è del tutto chiaro fino a che punto tutto ciò fosse voluto. Tanto più se si considera il fatto che lo stesso Iago è connotato da numerosi tratti comici, questa volta sicuramente presenti nel testo: in questo modo la tragedia, i cui due protagonisti diventano entrambi figure comiche, mette in pericolo la propria credibilità tragica.

***+
  • Traduzione di Masolino d'Amico
  • Regia di Roberto Guicciardini
  • Otello: Sebastiano Lo Monaco
  • Brabanzio: Massimo Leggio
  • Cassio: Mirko Rizzotto
  • Iago: Massimiliano Vado
  • Roderigo: Alkis Zanis
  • Doge: Amedeo D'Amico
  • Montano: Mimmo Padrone
  • Lodovico: Marius Bizau
  • Graziano: Massimiliano Sozzi
  • Clown: Matteo Micheli
  • Desdemona: Marta Richeldi
  • Emilia: Maria Rosaria Carli
  • Bianca: Alessia Innocenti

Saturday 16 February 2008

Raymond Queneau - Zazie nel metro

Regalo di Natale di Corinna, si tratta del mio terzo approccio ai modi letterari di Queneau.

Parcheggiata dalla madre presso lo zio Gabriel per due notti ed un giorno, Zazie arriva a Parigi dalla provincia con il desiderio di vedere la metropolitana. Il suo soggiorno però si trova a coincidere con uno sciopero dei trasportatori: Zazie rivolge dunque la sua attenzione ad altro, coinvolgendo le persone con cui ha a che fare in una climax di eventi sempre più illogici, che avrà termine solo al momento della sua ripartenza per la provincia.

Le analogie con il più tardo I fiori blu sono evidenti: l'uso etimologico, traslitterato o tradotto/tradito del linguaggio è vettore di una comicità dilagante, dissacratoria, che si mantiene sempre sul livello dell'ironia. Analogo è il principio di dualità con cui Queneau rompe gli elementi narrativi specchiandoli in opposti: ne sono esempi il personaggio dello zio Gabriel - omone che di lavoro fa il ballerino travestito, il flic/satiro che riemerge continuamente in diverse forme durante tutto il romanzo risultando in perenne contraddizione con sé stesso, il pappagallo Laverdure e il suo padrone Turandot. Zazie però è innanzitutto un romanzo iniziatico, avente per protagonista una enfant terrible che entra nel mondo degli adulti tiranneggiandoli, smascherandone le debolezze e smontando il loro parlare metalinguistico mediante la propria volizione (non a caso parla quasi esclusivamente all'imperativo o all'ottativo), mettendone a nudo le incertezze, le contraddizioni e portando alla luce il caos in cui le loro vite apparentemente ordinate e metodiche si trovano. Carino il finale, in cui Queneau dimostra di non aver mai perso il controllo sullo sdipanamento della storia.

***+

Wednesday 13 February 2008

L'ultimo Tiziano e la sensualità della pittura - Gallerie dell'Accademia, Venezia

La mostra, originariamente al Kunsthistorisches Museum di Vienna, si incentra sull'ultimo ventennio della pittura tizianesca, dagli anni Cinquanta del Cinquecento fino alla morte nel 1576.

L'ultimo Tiziano opera una rivoluzione nell'uso del pennello: influenzato parzialmente dalle poetiche michelangiolesche del non finito si svincola definitivamente dal disegno, passando ad una pittura abbozzata, dalla pennellata ricca - "a macchie", come la definì il Vasari - , in cui la libertà e la matericità del gesto pittorico danno corpo e vibrazione all'immagine, ottenendo effetti che verranno ricercati dagli artisti solo molto più tardi, nell'Otto e Novecento; allo stesso tempo Tiziano non rinnega sé stesso e portata all'apice la propria padronanza della luce, così come l'innata maestria compositiva (e ne è la prova il fatto che mi sia rimasta impressa la maggioranza dei dipinti, cosa rara per un'esposizione di pittura).

Parte della mostra è l'indagine sui continui ripensamenti compositivi del pittore, che aveva l'abitudine di ritornare anche dopo anni su dipinti sia abbozzati che finiti, ritoccando, ridipingendo, o modificando l'intera composizione; condotta sui quadri esposti, associa ad ogni riproduzione del quadro una radiografia che ne mette in evidenza le fasi compositive precedenti. Si tratta di un percorso particolarmente prezioso in associazione con il confronto tra diverse versioni dello stesso quadro, sia esso il Tarquinio e Lucrezia (preferisco il viennese, con una Lucrezia più decisa rispetto a quello di Bordeaux), la Madonna con bambino (la versione londinese, più tarda di quella veneziana, mi ricorda quello che avrebbe fatto Jan Zrzavý negli anni Cinquanta dello scorso secolo), o la Maddalena penitente.

I migliori
  • Cristo crocefisso e il buon ladrone
    Pinacoteca nazionale, Bologna
    Non ci sono parole per descrivere il dipinto. Dorato, glorioso, vivo, senza un solo particolare in eccesso o di maniera.
  • Santa Margherita con il drago
    Museo del Prado, Madrid
    I lineamenti della santa sono assolutamente moderni: non si tratta di una bellezza cinquecentesca, morbida ed ovale: lo sguardo è intenso, "spigoloso", di un volto che ricorda quello di Cate Blanchett. Superba composizione formale e cromatica, con sulla sinistra, al di là del mare, la città illuminata dai fuochi notturni.
  • Annunciazione
    S. Domenico Maggiore, Napoli
    Apoteosi della luce. In particolare, squisito il velo luminoso posto sul leggio della Madonna.
  • Martirio di S. Lorenzo
    Chiesa dei Gesuiti, Venezia
    Uno dei miei quadri cromaticamente preferiti. Il rosso delle fiamme, la luce emanante dalla graticola, il taglio arditissimo della composizione.
  • La Religione soccorsa dalla Spagna
    Museo del Prado, Madrid
    Pur trattandosi di una rappresentazione allegorica, e per giunta su commissione - presupposti per il più anonimo dei dipinti, il quadro è molto personale, non eccessivamente affollato, e naturalmente ben composto, con la Religione che perde per strada i suoi attributi, insidiata da un groviglio di serpi.
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http://www.ultimotiziano.it