Saturday 28 December 2013

Neil Gailman – American Gods

Regalo di Corinna.
Premessa intrigante di sapore costruzionista per il romanzo di Gaiman, autore fra l'altro, di Coraline e Stardust: gli dèi esistono nella misura in cui si crede in loro. Così ogni gruppo immigrato negli Stati Uniti ha portato con sé, oltre alla lingua e alla cultura, un suo proprio pantheon, che è sopravvissuto più o meno bene a seconda di quanto la credenza più o meno esplicita in esso si è perpetuata. E così gli dei si riciclano, si sdoppiano, cambiano di identità, si trovano a dover lavorare, o a sostenere guerre per la propria sopravvivenza contro i nuovi dèi in cui via via gli uomini ripongono la loro fede: il digitale, anziché Wednesday/Odino, la tecnica anziché Czernobog o Polunochnaja Zarjia. Il tutto raccontato da Shadow, scammer uscito dal carcere e ritrovatosi alle dipendenze di Wednesday, coinvolto suo malgrado nella lotta per la sopravvivenza degli dèi in una terra, quella americana, che non è un paese per dèi.

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Neil Gailman, American Gods, Mondadori, Milano 2003 [2001]

Thursday 3 October 2013

Heinrich Böll - Opinioni di un clown

Libro caustico, corrosivo, e pure un po' triste. Böll prende di mira la società cattolica tedesca del secondo dopoguerra, denunciando come, con l'avanzare della ricostruzione, quella medesima classe borghese che aveva sostenuto Hitler si sia riciclata riproponendo lo stesso apparato moraleggiante di convenzioni sociali, circoli e impegno (anche politico) con il quale aveva supportato il nazismo.
Hans, il giovane clown del titolo, vive a Bonn; non si capisce bene se sia un artista di avanguardia o piuttosto la parodia di una artista di avanguardia; è un fallito. Ma la responsabilità del fallimento della sua esistenza è addossata in buona parte ai suoi genitori, familiari, conoscenti, ex fidanzata, ferventi cattolici dalla morale a doppio standard, disapprovatori delle sue scelte di vita e della sua Weltanschauung, ma in ultima analisi per molti versi peggiori dello stesso Hans. Riaffiora in filigrana la riflessione di Hannah Arendt sulla banalità del male: Hans è pienamente responsabile delle proprie scelte sbagliate e fallimentari, ma meno colpevole di coloro che le proprie scelte, opportunistiche e indifferenti, le hanno compiute ammantandosi ipocritamente di virtù.
Ma l'amaro in bocca è in definitiva lasciato da Hans stesso, che pur vedendo le incongruenze di quelli che erano i suoi cari e della società che lo circonda, non compie nulla per far germogliare la propria condizione di puro e decide di fallire fino in fondo. Una croce, se vogliamo, ma senza alcuna speranza di risurrezione: le opinioni espresse, in fondo, sono solo quelle di un clown.

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Heinrich Böll, Opinioni di un clown, Mondadori, Milano 2001 [1963]

Friday 23 August 2013

Franco Farinelli - L'invenzione della Terra

Regalo di Natale di Corinna, ma a differenza di quanto avvenuto con altri suoi cadeaux librari non posso dichiararmene entusiasta.
Farinelli, geografo, cerca di tracciare una genealogia del concetto di Terra così come lo conosciamo e adoperiamo attualmente guardando in parallelo, con occhio prevalentemente letterario, alla storia della cultura occidentale. Attraversa così l'Enuma Elish, Genesi, l'Odissea, la vicenda di Giovanni il Battista, lo Spedale degli Innocenti e il Rinascimento tutto, Utopia di Thomas Moore, ripesca il Medioevo e si butta nell'era contemporanea con un affondo su Melville. Nel calderone finiscono Strabone, Tolomeo, i banchieri genovesi, l'illuminismo, il paesaggismo pittoresco, Conrad Lorenz, il concetto di villaggio globale: l'autore è uomo colto. Ma l'esposizione, pur brillante in alcune sue intuizioni, procede a colpi di passaggi cultural-letterari troppo arditi (diciamo pure metaforici!), cercando di far passare come pressoché scontato ciò che scontato non è affatto: non ho gradito affatto il tono assertivo delle affermazioni.
In somma, L'invenzione della Terra è un divertissement storico-geografico piacevole, forse interessante come tema seminariale a un corso di storia della geografia, ma un po' troppo fumoso ed eclettico anche per i miei momenti più engrammatici.

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Franco Farinelli, L'invenzione della Terra, Sellerio, Palermo 2012 [2007].

Monday 27 May 2013

Vita di Pi

Molto è stato detto sull'uso del 3D in relazione alla fotografia, commentando in positivo gli esiti raggiunti da Ang Lee. In effetti, probabilmente spruzzi d'acqua e onde tridimensionali hanno un'ottima resa; ciò cui però penso si riferisse la critica è soprattutto l'aspetto più propriamente fotografico, relativo ai materiali di cui si compone l'inquadratura. E da questo punto di vista, ho trovato il linguaggio visivo un poco eccessivo, più appropriato all'illustrazione di una carta di Magic che al cinema, con le sue acque e nuvole dalle forme e dai colori esagerati, quasi kitsch.
Il finale è apertissimo, con la seconda interpretazione dell'esperienza di Pi in cui Richard Parker è di fatto una proiezione oggettivata di lui stesso ugualmente plausibile come la prima. Quale storia preferiamo? Quella con la tigre, o l'altra, disumana, spietata? La medesima risposta varrà per la fede in Dio, anche nel sincretismo indù-cristiano-musulmano che fa esclamare a Pi "Grazie Vishnu per avermi fatto conoscere Gesù Cristo!".
E sullo sfondo, non formulata apertamente, rimane l'ulteriore domanda, che in realtà una risposta ce l'ha (ma solo sul piano del senso, mentre quello della causalità resta eluso): perché è affondata la nave?

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Vita di Pi, di Ang Lee, Rhythm & Hues / Fox 2000 Pictures, USA 2012

Friday 24 May 2013

La casa degli spiriti

Trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Isabel Allende, servita soprattutto a riesumare dai cassetti della memoria il ricordo di quanto appassionante fosse stata la lettura del libro, ormai tredici - quattordici anni fa.
Il film, nonostante il cast di attori di prim'ordine (Jeremy Irons, Meryl Streep, Glenn Close e gli ancor giovincelli Winona Ryder e Antonio Banderas), non si regge in piedi troppo bene. Non solo non riesce (ovviamente!) a riassumere in modo soddisfacente la linea narrativa del libro, che attraversa quattro generazioni: si perde infatti nella sceneggiatura frammentaria, e pur cercando di strutturarsi episodicamente non trova la propria dimensione e i singoli quadri finiscono tendenzialmente per non avere né capo né coda; ma non riesce nemmeno a ricreare l'atmosfera senza tempo del romanzo, che pur disteso narrativamente attraverso tre quarti di Novecento, attinge a piene mani alla tradizione sudamericana del realismo mitico rappresentata da Márquez.

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La casa degli spiriti, di Billie August, Constantin Film, Germania/Danimarca/Portogallo 1993.

Wednesday 1 May 2013

Harry Potter e i doni della morte - Parte 2


Pensieri in libertà e osservazioni a latere su quanto catalizzato dal mezzo cinematografico.

Le saghe letterarie e cinematografiche di successo giungono a un certo punto alla conclusione, e quello è il momento della resa dei conti, del pettine cui arrivano i nodi. Ci sono saghe che falliscono la prova del finale, saghe che la reggono e saghe che la superano con maestria: queste ultime si contano sulle dita di una mano.
Non voglio soffermarmi anche questa volta sul concetto tolkieniano di eucatastrofe, né dare spazio a una sua lettura in chiave etimologica che pure ritengo possa risultare fruttuosa in quanto costringe a tenere conto del principio di sovvertimento, e di applicarlo a personaggi, scopi, linee narrative. Voglio piuttosto annotare ciò che di nuovo ho colto con questa prima visione post lettura.

Innanzitutto, la riabilitazione totale e radicale del personaggio di Piton, capace di un amore vero, profondo, disinteressato e fedele oltre la morte, incarnato nella difficoltà quotidiana dell'amare nonostante i limiti, le antipatie, le ferite personali, nonostante la scarsa stima da parte del mondo.

In secondo luogo, la risoluzione (direi quasi psicanalitica!) del rapporto di Harry con il padre morto: è solo nel momento in cui riesce ad accettare anche la limitatezza e le meschinità del padre fino ad allora sempre idealizzato che Harry può finalmente crescere davvero, diventare un uomo e prendere il proprio posto di adulto nel mondo.

La vicenda dei Malfoy suggerisce che nessuno è veramente irrecuperabile, che l'umanità è debole e può compiere scelte sbagliate per viltà, timore, egoismo; e ciò nonostante avere ancora margine di recupero - e non è detto che, per essere credibile, si debba per forza trattare di un recupero al cento per cento: anche un ottanta, o un sessanta per cento sono sempre un recupero.

Harry Potter potrebbe di fatto essere Signore della morte, avendo nelle mani tutti e tre i doni e la possibilità di usarli, ma rinuncia deliberatamente alla pietra della risurrezione lasciandosela cadere dalle mani nella foresta, e spezza la bacchetta di sambuco impossibilitando la ricomposizione della triade: si tiene solo ciò che è sempre stato suo - il mantello dell'invisibilità, il dono più prezioso e più saggio secondo la leggenda.

La maestria del finale si esplicita nel modo in cui gli archi narrativi dei singoli personaggi e dei singoli elementi della trama giungono al loro punto di coronamento, allo stesso tempo nuovo e naturale, appropriato per ognuno di essi. E in tutto questo gli incastri, spesso arditi e serrati delle linee narrative individuali non appaiono mai macchinosi.

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Harry Potter e i doni della morte - parte 2, di David Yates, Heyday Films, Warner Bros, United Kingdom 2011

Tuesday 30 April 2013

Eric-Emmanuel Schmitt - Oscar e la dama in rosa

Libello suggerito dal p.s., credo ancora sotto Natale. Oscar ha dieci anni, è in ospedale, sta morendo di leucemia, e non crede in Dio. Nonna Rosa è un'anziana signora, ex lottatrice di catch, che gli fa da dama di compagnia, come probabilmente ha fatto a molti altri ragazzini prima di lui. E gli propone un gioco: vivere ogni giorno come se fosse un decennio, e provare a scrivere a Dio per lettera.
Da queste premesse si dipana un libriccino esile, da bere di un fiato, con molti momenti di intensa poesia, come la storia d'amore con Peggy Blue, ragazzina dall'incarnato azzurro.
Bello, specialmente l'ultima lettera lunga di Oscar, e come coronamento la lettera di nonna Rosa.

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Eric-Emmanuel Schmitt, Oscar e la dama in rosa, Milano 2004 [2002]

Thursday 25 April 2013

Harry Potter e i doni della morte - parte 1


A distanza di molti mesi dall'uscita cinematografica dell'ultimo episodio anch'io finalmente ho iniziato a riprendere il filo delle trasposizioni filmiche della saga potteriana, interrotto ormai anni fa con la visione del Prigioniero di Azkaban di Cuaron, prima soddisfazione dopo i deludenti episodi girati da Chris Columbus.
Il primo dei due film in cui è stato adattato Harry Potter e i doni della morte risulta nel complesso un po' lento e discontinuo: i singoli momenti della trama hanno natura episodica, quasi si snodassero indipendentemente l'uno dall'altro per creare movimento in una situazione di sfondo che ha come costante l'assenza di idee sul da farsi da parte di Harry & compagnia; e ciò si nota molto più a livello cinematografico rispetto al libro, dove il lascito di Silente sembra fungere meno da deus ex machina per l'avanzamento della storia. Bello ripercorrere il romanzo mentalmente, visto che il film gli è sostanzialmente fedele, e visivamente molto ben concepito, con tutti gli interpreti credibili nelle loro parti.

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Harry Potter e i doni della morte - parte 1, di David Yates, Heyday Films, Warner Bros, United Kingdom 2010

Friday 12 April 2013

Mauro Pesce - L'essenza del cristianesimo


Mauro Pesce appartiene alla corrente agnostica della scuola esegetica bolognese, e ciò caratterizza il suo approccio in modo determinante. Prima parte su Gesù - parole di Gesù, escatologia e remissione dei peccati, sacrificio giudaico. Seconda parte sulla nascita del cristianesimo - pratica di vita di Gesù, problemi di cui Gesù non aveva parlato tipo l'evangelizzazione dei non ebrei. Conclusione: Gesù un grande illuso, sperava l'avvento del regno di Dio, e invece muore (echi bultmanniani?).
La maggiore pecca del libro è l'eccessiva autoreferenzialità: Pesce cita continuamente i propri lavori precedenti, sia scritti in solitaria che in collaborazione con la Destro (sua compagna di vita oltre che di studio). La cosa alla lunga riesce fastidiosa, e soprattutto dà una sensazione di isolamento culturale, quasi che Pesce fosse il solo a portare avanti la sua linea storico-ermeneutica.

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Mauro Pesce, Da Gesù al cristianesimo, Morcelliana, Brescia 2011

Wednesday 10 April 2013

Argo

Ero rimasto al Ben Affleck di Pearl Harbor, belloccio e fidanzato con Jennifer Lopez, e non lo avevo degnato di troppa considerazione per una decina d'anni: ritrovarlo in Argo come regista, oltre che come protagonista, me lo ha fatto riscoprire. L'uomo infatti non solo recita abbastanza bene, ma è anche un buon regista, a giudicare dal film.
La storia (ad alta tensione) è quella, realmente avvenuta, del rocambolesco rimpatrio di sei diplomatici americani da Teheran in seguito alla rivoluzione islamica del 1979 nel corso della quale erano riusciti a fuggire dall'ambasciata rifugiandosi a casa del console canadese. La copertura per l'operazione è un falso film di fantascienza intitolato, appunto, Argo: i sei diplomatici per riuscire ad abbandonare l'Iran si fingeranno una troupe cinematografica arrivata da poco alla ricerca di location dove girare; naturalmente, per essere credibile, il film viene prodotto per davvero, con storyboard, pubblicità e ufficio stampa!
Serrato, mai retorico, con una bella evoluzione dei personaggi, equilibrio nelle parabole narrative e un alto livello di tensione nonostante il lieto fine sia noto già in anticipo.

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Argo, di Ben Affleck, Warner Bros, GK films, Smoke House, USA 2012

Friday 5 April 2013

Александр Исаевич Солженицын | Aleksandr Solženicyn - Arcipelago Gulag (Vol. 1)


Ero stato avvisato del fatto che Solženicyn fosse pesante, ma non immaginavo di fare una tale fatica ad andare avanti. Contro ogni mio standard ho deciso di scrivere qualche considerazione alla fine del primo volume (iniziato a fine gennaio!), perché continuando con questo passo rischio di arrivare in fondo al terzo essendomi già dimenticato il primo. A mia discolpa, Arcipelago Gulag ha in tutto qualcosa come milleottocento pagine – tre volumi da seicento pagine cadauno scritti fitti fitti; se sommiamo questo al fatto che l'opera racconta nei dettagli i meccanismi disumani in cui furono triturati milioni di cittadini sovietici, il complesso rende il tutto di non semplice digestione.

Il primo libro è dedicato all'arresto, all'istruttoria e al trasporto dei detenuti politici verso il GuLag di destinazione. Il concetto di colpa e di innocenza è abolito – borghese, controrivoluzionario. Esiste solo l'articolo 58 del codice penale, formulato in modo tale da poter essere applicato il più diffusamente applicato, con le aggravanti a discrezione della coscienza rivoluzionaria dei giudici (e da un certo punto in poi diventa un semplice procedimento amministrativo gestito dalle troike). Le deposizioni sotto tortura sono la norma; la detenzione contestuale all'istruttoria è tortura già questa. Condanne a dieci, e dal 1937 a venticinque, anni di campo di lavoro sono la norma; il trasporto verso il lager, lungo giorni e notti, è in condizioni di affollamento impensabili ai nostri giorni (si arrivò a trentasei passeggeri in uno solo scompartimento); le prigioni di transito affollate al punto tale che non è possibile usare il bugliolo, e le più elementari condizioni igieniche vengono meno. In più la vessazione da parte dei criminali comuni, da parte delle guardie carcerarie, il cibo razionato oltre misura. Le prigioni zariste della Russia tecnicamente ancora medievale, se confrontate, erano trattamenti extra-lusso.

Deprimente, ma interessante.

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Wednesday 6 February 2013

Yellow Submarine


Giustamente annoverato tra i capolavori del cinema di animazione e tra i più bei film musicali di sempre. La trama è ovviamente un canovaccio, un pretesto: “terra felice di Pepperland invasa dai blu meanies e salvata dai Beatles portati fin lì da Liverpool con un sottomarino giallo” potrebbe suonare come una scusa per mettere in scena un’autocelebrazione dei Fab Four, e invece non è così. I Beatles si prendono in giro, si divertono con il nonsense, i giochi di parole, i frammenti di testi di canzoni e l’atmosfera deliberatamente surreale esaltata dalle diverse tecniche di animazione; il tutto in un’atmosfera flower power che riesce a tenere a bada e stemperare i lati più oscuri insiti nel surrealismo fortemente presente nella declinazione visiva di ambientazioni e personaggi.
Altro punto di forza sono le canzoni integrate fluidamente nella storia (e a questo punto sono curioso di fare il paragone con Across the Universe), ancor più meravigliose se ascoltate in un impianto audio con dolby surround 5.1, incredibilmente fresche e ricche anche a distanza di quarantacinque anni. La grande assente è Help, evocata dai dialoghi per tutta la prima metà del film e mai messa in musica.
Due perle: il Nowhere man, genio universale più o meno umanoide seduto in mezzo al nulla, che parla in versi e cerca una sua identità; e i Beatles nei panni della mitica Sgt. Pepper's lonely heart club band, prima travestimento e poi autentico alter ego dei quattro di Liverpool nella terra di Pepperland.
Il film, nella sua stranezza quasi infantile, travolge (non a caso è diventato caposaldo per generazioni di bambini britannici), e alla fine viene davvero voglia di cantare All Together Now nel karaoke conclusivo, noncuranti della figura da scemi che si rischia di fare agli occhi del vicino di poltrona.

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Yellow Submarine, di George Dunning, United Artists, United Kingdom 1968

Thursday 31 January 2013

Lincoln


Film decisamente lungo - troppo lungo direbbe qualcuno, vista la mole ridotta di temi che si trova ad affrontare (l'approvazione del tredicesimo emendamento alla costituzione americana con cui fu abolita la schiavitù e le parallele trattative politiche per la fine della guerra civile da parte di un neo-rieletto Abraham Lincoln). Effettivamente, il risultato è un film decisamente lento, specialmente per gli standard cui ci ha abituati Spielberg; la lentezza però non è mai macchinosa e il tutto scorre, lento ma fluido.

Sotto il profilo tecnico artistico è bello il tema principale, eseguito per lo più dal clarinetto: patriottico quanto basta; allo stesso modo bella la fotografia, mai ostentata. Stupendo Daniel Day-Lewis, che ultimamente seleziona severamente le apparizioni cinematografiche e finisce regolarmente per essere nominato all'Oscar; la sua andatura dinoccolata faceva pensare che camminasse sui trampoli o su qualche altro artificio che ne innalzasse la statura, e invece è proprio lui ad essere altissimo e a doversi curvare per non sbattere la testa contro certi architravi delle porte. Accennato solo nel finale l'attentato in cui Lincoln fu ucciso a teatro: nel flashback del ricordo post mortem finisce come un cristo in croce con le braccia allargate davanti alla folla che sta arringando, quasi a sottolineare la statura morale di un uomo che tentennando, esitando, scendendo a compromessi e avendo indirettamente le mani sporche del sangue di coloro che continuarono a morire quando la guerra poteva essere già stata fermata, riuscì a ottenere sia la pace che l'abolizione della schiavitù. Sono passati solo centocinquant'anni da allora.

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Lincoln, di Steven Spielberg, Dreamworks, USA 2012

Wednesday 30 January 2013

Jaroslav Foglar - Dobrodružství v Zemi nikoho

Knížku jsem našel v antikvariátu s dalšíma foglarovkama: přepadla mě nostalgie a tak jsem si jich pár koupil s tím, že si je přečtu a přidám do knihovny vedle těch ostatních, a to přesto, že si vlastně pamatuji hlavně Stínadelskou trilogii, Hochy od Bobří řeky (s pokračováním), Modrou rokli a Pod junáckou vlajkou - ostatní jsem naprosto zapomněl. Ohromně jsem se bál, že se mi Foglar po tolika letech zprotiví, vzhledem k tomu, že hodně lpí na svých oblíbených tématech a že Dobrodružství v Zemi nikoho je vlastně vedlejší a netradiční dílo, i když dle ediční poznámky zdařilé; na druhé straně se neodvažuji vzít zpátky do ruky Rychlé Šípy ze strachu, že si zkazím idylickou vzpomínku. Nakonec jsem se strachoval celkem zbytečně.

Román je čtivý, místy dokonce napínavý, a má všechno to co má správná foglarovka mít: přátelství mezi hochy, klub (Ontario), město, krásný a dobrodružný kraj za městem, tajemství (jeskyně obřích trilobitů) i epický nádech: je vidět, že Foglar skautství skutečně prožíval celý svůj život a že v něm viděl naplněný ideál chlapeckého a dívčího života. Ve srovnání s dnešními dětmi a hochy, ti Foglarovi jsou o poznání šťastnější: pohybují se ve městě i v přírodě jako doma, neznají přeúzkostlivělé rodiče, ani nudu, ani přílišné množství organizovaného volného času. V tomto směru je i dnes Foglar příkladem a ideálem, asi již nedosažitelným.

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Sunday 13 January 2013

Le immagini della fantasia 30


Appuntamento immancabile da anni, e questa volta una delle migliori mostre degli ultimi anni. Merito del tema scelto per le fiabe dal mondo: Nel bosco della Baba Jaga. Fiabe dalla Russia. Quale illustratore sa resistere al fascino immaginifico delle figure fiabesche russe? Il pesciolino d'oro, l'uccello di fuoco, Vassilissa, Baba Jaga e le oche-cigni, l'alfabeto cirillico: tutti soggetti ricchi e forieri di ispirazione. Ma neanche a farlo apposta, il lavoro migliore è fatto dagli stessi russi (i tre cavalieri della notte, dell'aurora e del giorno).

Ospite d'onore Roberto Innocenti, con le sue prospettive drammatiche a quadro inclinato, e illustrazioni a volte vagamente, a volte decisamente inquietanti (con ispirazioni hokusaiane e iterazioni monetiane): l'immagine più bella è interamente in grigi, e il soggetto è la deportazione degli ebrei.

Particolarmente interessanti Alenka Sottler dalla Slovenia (Zakaj je babica jezna, illustrato a silouhette e con tema alzheimeriano), l'iraniano Nooshin Safakhoo, il cui stile a tratti ricorda gli artisti della Cecoslovacchia anni '60-'70 per colori e collage (digitale). Jindra Čapek, altre volte una sicurezza, è invece in decadenza, la maggioranza dei soliti italiani non si schioda dallo stile Zavřel: per fortuna da alcuni anni a questa parte dall'estero tira aria nuova, stilisticamente e contenutisticamente.

L'apertura della Casa della Fantasia ha dato finalmente respiro all'esposizione, prima confinata agli stretti locali del municipio.

Thursday 10 January 2013

Friedrich Dürrenmatt - Il minotauro

Regalo di Natale. Il volume è introdotto da un saggio dello stesso Dürrenmatt sul tema del labirinto; mi sembra di avere già incontrato il racconto che dà il titolo al libro in qualche mezza vita passata: forse ha fatto parte di qualche antologia ginnasiale o della scuola media.

Ad ogni modo Dürrenmatt è sempre piacevole da leggere, il mito raccontato dal punto di vista del povero minotauro che diventa mostro suo malgrado è toccante; il labirinto di Cnosso rivestito di specchi, moltiplicatori di immagini, è una lettura originale.

Friedrich Dürrenmatt, Il minotauro, Marcos Y Marcos, Milano 2012
[Minotaurus, 1985; Dramaturgie des Labyrinths, 1981]
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Wednesday 9 January 2013

The amazing spiderman


Mi era piaciuto il primo Spider-man di Raimi, entrato nella storia del cinema per il bacio a testa in giù sotto la pioggia, e obiettivamente non era un brutto film. Un decennio dopo, il nuovo inizio è un film probabilmente migliore: ben sceneggiato, molto equilibrato, prevedibile il tanto che basta senza risultare scontato o banale. Spiderman questa volta è più umano, meno serio della versione Maguire, più scanzonato e scherzoso nel pieno dello stile del fumetto originale; Peter Parker non è il classico studentello nerd ma mescola perfettamente prontezza di spirito, autoironia e imbranataggine.

Il cattivo non è il solito megalomane che odia l'umanità, né la personificazione del male assoluto. Al contrario: è uno scienziato che tiene un profilo etico coerente, che anche sotto minaccia rifiuta di testare le scoperte sull'uomo sapendo che è troppo presto per esperimenti del genere. Che però finisce per cedere sul proprio punto debole – la mancanza di un braccio e il sogno di poterlo riavere. Sperimentazione su sé stesso; risultati mostruosi; ma il braccio c'è, il risultato è conseguito. E come un novello Dr. Jekyll – Mr. Hyde pur rendendosi conto della mostruosità delle sue azioni non riesce a farne a meno: è il meccanismo della tentazione e della dipendenza esplicitato in modo adamantino. L'ultimo Spiderman porta implicita una critica a quella tecnica che galimbertianamente perpetua se stessa come la Volontà schopenhaueriana anche a scpito dell'uomo: proprio perché è possibile fare una cosa essa viene fatta: la scienza deve andare avanti sempre.

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The Amazing Spider-Man di Marc Webb, Columbia Pictures, USA 2012