Friday 30 November 2012

Hunger games


Il tema dell'antiutopia, per quanto usato e abusato in particolar modo nella cinematografia recente, conserva ancora potere suggestionante. Se quindi i risvolti più direttamente legati al voyerismo e alla violenza latenti nella democrazia mediatica e consumista si rivelano piuttosto scontati, il fascino del film e quindi con ogni probabilità anche del ciclo di romanzi da cui esso è tratto, sta nel suo essere racconto cupo ma speranzoso, e nella persuasiva coerenza del mondo descritto. La parola "tributo" riferita alle persone che prenderanno parte alla tornata di giochi evoca tirannide sanguinaria; i Hunger Games numerati per edizione sembrano una sorta di cruenta olimpiade incrociata con i giochi del circo, dove l'unica regola è quella che conduce ogni persona scesa nell'arena al diventare massacratore; il tutto sotto la facciata di un mondo finalmente pacifico e pacificato.
Emblematica per la riflessione sulla violenza è la fine dell'ultimo concorrente rimasto oltre ai due protagonisti: ormai non sa fare altro che uccidere, e contempla come unica alternativa quella di venire ucciso. Ma va a finire che la sua uccisione, anziché atto violento, diventa gesto di pietà: scivolato a terra dal luogo di riparo e finito tra belve geneticamente modificate, personificazioni della violenza assassina che di animale non hanno più nulla, viene letteralmente sbranato ancora vivo tra urla atroci, sotto l'occhio vigile delle telecamere che trasmettono ogni cosa in diretta tv. La morte per mano dei superstiti a quel punto è una grata liberazione dalla sofferenza.
Il finale è ovviamente aperto, che più aperto non si può: terreno pronto per nuovi episodi di un fenomeno letterario e cinematografico che possa insidiare tra il pubblico (eternamente) adolescente il trono che fu di Harry Potter e di Twilight.

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Thursday 22 November 2012

Yasmina Reza - Il dio del massacro

Libretto preso in prestito da Bruno; in seguito ho scoperto che è stato adattato cinematograficamente da Polanski.

Metti due coppie della media borghesia che si ritrovano nel salotto degli uni per appianare il dissidio sorto dalla lite, sfociata in lesioni personali, dei rispettivi figli piccoli. L'esito è quello di uno scontro in cui le regole del vivere civile sono messe progressivamente da parte, e se non si arriva alle mani è solo perché i meccanismi sociali di difesa sono profondamente radicati, e anziché darsele si somatizza.
Tutto sommato però, la pièce non è brillante come avrebbe potuto essere, e lascia a bocca asciutta: le vette wildiane dell'acido in punta di fioretto sono distanti anni luce.

Yasmina Reza, Il dio del massacro, Adelphi, Milano 2011
[Le Dieu du carnage, 2006]
**+

Thursday 15 November 2012

Joseph Conrad - Cuore di tenebra


Suggerimento e prestito di Bruno, allo scopo di riempire un'insospettata e per questo ancor più grave lacuna culturale: Conrad è un autore dell'Inghilterra vittoriana e post-vittoriana, contemporaneo di gente come Wilde, Conan Doyle, Stoker, Thackeray e Shaw, ma a loro differenza, forse proprio per le origini polacche, intriso di decadenza e di nichilismo continentale.
Cuore di tenebra è un romanzo breve o racconto lungo che dir si voglia, diviso in soli tre capitoli, molto ben congegnato: l'espediente del doppio narratore permette di collocare la vicenda del primo narratore - Marlowe - in una posizione sfumata, quasi onirica, in cui i luoghi, pure nel secolo della tecnica positiva e dell'ottimismo circa il progresso dell'uomo, diventano paesaggi dell'anima, densi di tenebra e di significato, specchi all'abisso dell'animo umano. E così dalla barca sul Tamigi nella Londra all'imbrunire alla città sepolcrale sul continente, al malsano fiume Congo, serpente affondato nel nero cuore di un'Africa nera, il lettore è condotto in un ambiente atavico in cui il lume della ragione e del progresso anziché rischiarare si smarrisce esso stesso nel buio del non senso; sentimenti e motivazioni sono appiattiti dal risveglio di una ferocia umana solo apparentemente sopita dalla civiltà; e se pure il signor Kurtz ne è la figura più contortamente emblematica, tutti gli altri personaggi del racconto in qualche maniera ne condividono dei tratti. Ed emerge, prepotente, la tenebra dal vuoto cuore umano sciolto dalle briglie della ragione, e la conseguente angoscia di fronte all'orrore dell'esistenza.

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Monday 12 November 2012

Cappucetto rosso sangue


Al di là della pessima traduzione del titolo (che in inglese era semplicemente The Red Riding Hood), le premesse per un buon film tra il fantastico e il gotico c'erano tutte.
L'idea di inscenare il ritorno ad un mythos 'originario', idealmente uno da cui la fiaba raccolta da Perrault possa aver preso corpo, e di raccontare in questo modo cappuccetto rosso a un pubblico di adulti e non di bambini poteva prendere due strade: da un lato in ritorno al nucleo tematico del "non fermarti a parlare con gli sconosciuti", con tutte le conseguenze che questo poteva comportare per una giovane ragazza sola e indifesa, e con la personificazione, nel lupo, dell'estraneo pericoloso; dall'altro, via poi effettivamente imboccata nel film, una stratificazione ulteriore del racconto con elementi raccolti all'esterno - in questo caso l'incorporazione del tema del lupo mannaro (giungendo peraltro all'insignificanza della storia originale se non come orizzonte culturale cui strizzare l'occhio).
L'operazione poteva riuscire molto bene: un paesino sperduto al limitare del bosco in un medioevo lontano, fiabesco e cupo; atmosfere vagamente claustrofobiche, con il tema del licantropo che porta con sé il cerchio dei sospettati e un clima di caccia alle streghe; in somma, il tutto poteva inserirsi in un filone à la Gabriel Knight: The Beast Within. Visivamente l'obiettivo era centrato: splendida, ad esempio, la porta della chiesa in legno, con i battenti dorati raffiguranti San Michele (o chi per lui) che sconfigge un demonio lupesco; ben congegnati i riferimenti ai momenti topici del cappuccetto rosso perraultiano.
Purtroppo, qualche produttore ha voluto allargare il più possibile la base di pubblico includendo deliberatamente la fascia adolescenziale, e qualcuno nella squadra di realizzazione ha voluto strafare: il lupo, più che venire evocato, è  ripetutamente mostrato (e fatto anche parlare in forma animale!!), quando agli scopi di questa precisa trama bastava molto meno; il triangolo sentimentale tra lei, lui e l'imposto promesso sposo, invece di sviluppare le connotazioni tragiche implicite nelle premesse si esaurisce in appiattimenti psicologici da telenovela; il finale poi rovina tutto quanto con un vissero felici, contenti, giovani e belli in salsa teen fantasy. Che gran film sarebbe stato con un'appropriata catarsi tragica!

**+

Saturday 3 November 2012

Skyfall


Una bella trama, equilibrata, con un cattivo davvero cattivo e psicopatico al punto giusto, l'MI6 sotto attacco, Bond dato per morto e fuori forma che ritorna per senso del dovere e attaccamento alla bandiera, citazioni e rimandi come se piovessero, splendida fotografia (M davanti alle bare coperte con la bandiera britannica ne è l'icona), ottima sceneggiatura e ottimo regista, bella canzone di Adele che reinterpreta in chiave moderna le atmosfere sonore definite dall'inimitabile Shirley Bassey e da allora insuperate.
C'è ancora qualche strappo al canone, sfruttato al massimo, specie nel finale, per scavare psicologicamente i personaggi di 007 e M e portare al climax il complicato rapporto con sostrati genitoriali tra la 'cattiva regina dei numeri' e il 'dinosauro sessista residuo della guerra fredda'; nel complesso tuttavia la formula bondiana mescola nelle giuste dosi onore, charme, relazioni insignificanti con belle donne, azione e ironia.
Magistrale il finale, che fa andare ogni cosa al posto giusto (creando un paradosso temporale se si tiene M-Judi Dench e Bond vecchio e ritirato come elemento di continuità e si ignora il nuovo inizio rappresentato da Casino Royale): con Q presente, M nel classico ufficio di legno e pelle, e Moneypenny, scrivania e omino appendiabiti in anticamera, Bond è pronto per ricominciare nella più classica delle tradizioni, quella che conosciamo fin dai tempi di Dr. No, From Russia with Love e Goldfinger.

****+

Friday 2 November 2012

Quantum of Solace


Il problema di questo Bond è il suo essere sequel di Casino Royale, che era un reboot riuscito sostanzialmente bene. Non si può pretendere di giocare all'infinito al gioco di 'Bond è ancora giovane e inesperto'; e la parabola di Casino Royale era in sé già abbastanza ben conclusa. Fra l'altro, quello di Quantum è ancora un Bond che manca di stile e ironia: in questo senso, la
e episodi come la traversata del deserto a piedi con bond girl in abito da sera e a piedi nudi sono poco credibili e al tempo stesso poco ironici, quindi fuori luogo.
Meno male che c'è M - Judi Dench a salvare la situazione, come sempre.

In sintesi: da un film di 007 mi aspettavo di più.

**+