Tuesday 8 January 2008

Edwin A. Abbott - Flatlandia

Libro suggeritomi da Vladimiro Valerio durante il colloquio che ebbi con lui qualche tempo dopo la fine del suo corso di geometria descrittiva. Non posso credere di averlo letto solo ora, specialmente considerando le sue qualità.

Un delizioso trattato di geometria descrittiva raccontato con i toni della satira sociale vittoriana: Flatlandia è in primo luogo un gioco, dove una volta stabilite le regole si va avanti per consequenzialità in modo assurdo e coerente al tempo stesso, secondo la logica stringente che descrive la vita di uomini poligonali in un mondo dotato di due sole dimensioni; il gioco, sempre ironico e bonario si trasforma a tratti in una critica sottile, ma non per questo meno mordace, dell'establishment dell'epoca, e delle vicissitudini storiche degli ultimi secoli (impagabile in questo senso la Rivoluzione dei colori); non mancano tuttavia passi più cupi dove lo stile lascia quasi presagire quello delle antiutopie del XX secolo.

Si sviluppano parallelamente le affascinanti tematiche geometriche: il Quadrato protagonista ha una visione (omologica oserei dire!) di Linelandia, un mondo ad una sola dimensione; poi, con l'aiuto di una Sfera, è strappato all'esterno di Flatlandia, facendo esperienza di Spacelandia, il mondo tridimensionale, vedendo Pointlandia, un mondo adimensionale ed arrivando a teorizzare mondi a quattro, cinque, sei dimensioni, dove le figure generate dalle proiezioni omologiche successive incrementano i loro vertici con progressione geometrica e le loro facce con progressione aritmetica: in questo modo Abbott apre la porta su possibilità geometriche inconcepibili dalla mente umana, dimostrando come ogni parte di ogni dimensione sia perfettamente intellegibile da un osservatore posto in una di grado superiore ad essa, e come tuttavia le capacità intellettuali di un individuo non riescano senza aiuto esterno a compiere il salto verso la dimensione superiore nemmeno avendolo già compiuto in precedenza.

****+

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