Wednesday 7 May 2008

Siracusa

«Viaggio della speranza», come lo ha prontamente ribattezzato Mademoiselle, riferendosi alle relativamente proibitive condizioni del viaggio (21 ore fra treni e stazioni), effettuato in un raptus di follia allo scopo di assistere all'anteprima dell'Orestea di Eschilo per la XLIV stagione del teatro greco di Siracusa curata dall'Istituto Nazionale per il Dramma Antico; l'invito, inutile dirlo, è partito dalla Centanni.

La discesa in Sicilia mi ha permesso di contemplare, per la prima volta dopo 13 anni, i paesaggi del Sud Italia - dal caos ordinato della campagna campana alla lussureggiante ed abusiva Calabria alle varie sfumature della Sicilia, dal riarso Messinese alla piana di Catania dominata dall'Etna al catano-siracusano agricolo e curato.
Il Sud mi è apparso quasi come uno stato estero, profondamente diverso dalle regioni mitteleuropee cui sono stato abituato, di una povertà quasi ostentata negli edifici mal tenuti, intensamente vissuti e vagamente pretenziosi nelle loro rifiniture pacchiane.
Allo stesso tempo, la Sicilia mi ha mostrato ancora un altro lato, per certi versi complementare: quello della stratificazione storica delle città, i cui palazzi prevalentemente barocchi paiono, complici il verde e la luce zenitale del sole, memori dell'era coloniale spagnola, Nuovo Mondo messicano o cubano. E in tutto ciò una sensazione di placidità, di atarassia rispetto agli affanni del mondo, di una tranquillità ed una lentezza antiche e sempre nuove, assai diverse dalla frenesia del Nord e della stessa, pur lenta, Venezia.

Dopo aver partecipato ai lavori del convegno Vendetta e giustizia nell'Orestea a Palazzo Greco è stata la volta della visita alla città di Siracusa, iniziando dall'isola di Ortigia, cuore storico-turistico (in piena festa di S. Lucia) con il duomo/tempio di Athena, S. Lucia alla Badia imbiancata di smalto con la statua metallica della novella Pallade protettrice della Siracusa cristiana, la fonte Aretusa e il lungomare/foro Vittorio Emanuele, gli antichissimi resti del tempio di Apollo e le piazze del Duomo e Archimede.
Spostandomi al teatro greco per la rappresentazione, sono riuscito ad infilare per strada l'ara di Ierone, l'orecchio di Dionisio nelle Latomie del Paradiso, fantasmagorica concrezione opera della natura e dell'uomo, e l'anfiteatro romano; esclusi sono rimasti il Castello Maniace ad Ortigia, il foro e l'agorà (in pieni lavori di giardinaggio pseudourbanistico), il tempio di Zeus Olimpio (secondo tempio più antico della città dopo quello di Apollo, il più antico tempio dorico della Sicilia) la cui presenza ho scoperto troppo tardi, e il santuario della Madonna delle Lacrime, il cui cono domina la vista da ogni angolo della città quasi a sottolineare la presenza miracolosa e protettiva.

Per esserci stato solo 22 ore, alla giapponese, mi sento oltremodo realizzato.

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