Wednesday 12 December 2012

Il rito

Avendo già visto L'esorcista, Rosemary's Baby e L'esorcismo di Emily Rose, sapevo più o meno che cosa attendermi: atmosfere thriller e risvolti psicologici potenzialmente culminanti in qualche plateale scena di possessione/esorcismo ricca di effetti speciali. E in effetti non sono andato molto lontano dal vero.
La trama è semplice: seminarista scettico a ridosso dell'ordinazione si trova a frequentare un corso di esorcismo. Ovviamente rimane scettico, ovviamente viene indirizzato da un prete dai metodi poco ortodossi, ovviamente si trova faccia a faccia con indemoniati veri.
La vera forza del film non è nel suo apparato iconografico o nelle interpretazioni (non d'eccezione), ma sta nel non detto, nelle pieghe della trama stese tra un effetto speciale e l'altro. Quanto è autentica (o inautentica) una scelta di consacrazione quando le ragioni che l'hanno mossa sono perlomeno da purificare, se non semplice opportunismo? Michael Kovak in seminario ci è fuggito, eppure la sua era una vocazione autentica, da scoprire e da far fiorire. E la tentazione funziona esattamente come il film suggerisce: il nemico, letteralmente διάβολος, che cerca in tutti i modi di frapporsi tra l'uomo e Dio, che cerca la separazione, e che usa le debolezze personali di ognuno, le colpe passate e presenti, facendo disperare della possibilità di redenzione.
Toccante, come suggello finale, il bacio alla croce sulla stola viola prima di entrare in confessionale.

Il rito, di Mikael Håfström, USA, New Line Cinema, 2011
***+

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