Friday 28 December 2012

José Saramago - Il Vangelo secondo Gesù

Quando oggetti potenzialmente provocatori atterrano nei pressi del mio stagno non vedo mai l'ora di raccoglierli e di vederli più da vicino. Fu così con Le relazioni pericolose, con Lolita, con Chéri e con altri romanzi scandalo; la cosa divertente e vagamente paradossale è che l'occasione per Saramago mi è stata data da un feroce articolo antinichilista incontrato nel corso di un recente modulo di catechesi di don Andrea.

Alla prosa di Saramago bisogna un po' abituarsi: è un torrente di parole a stento arginato dalla punteggiatura e affatto scandito dai dialoghi - sembra quasi di leggere i testi di Miloš Macourek per Mach a Šebestová. Il suo premio Nobel per la letteratura non è comunque immeritato; se formalmente la prosa può lasciare spiazzati, la sua capacità di evocare situazioni e stati d'animo senza descriverli affatto e quasi parlando d'altro è una virtù che lo proietta nel firmamento dei grandi scrittori: si vedano in questo senso i passaggi relativi al concepimento di Gesù o al suo incontro con Maria di Magdala.
Ovviamente si tratta di un'opera di letteratura: lo scandalo insorge se lo si vuole in qualche maniera collocare sullo stesso piano delle narrazioni evangeliche, ad esempio accusandolo di smentire dogmi come la verginità di Maria. Ma come opera di letteratura funziona molto bene: alla fine dei conti quanto  Saramago compie non è altro che l'antichissima operazione di perpetua rinarrazione del μύθος - in questo caso del racconto evangelico, bene o male tuttora fortemente presente nel subconscio culturale dell'intera civiltà occidentale. E il racconto viene rinarrato, forzato, stravolto, si sovrappone all'originale assente (i Vangeli nascono plurali, non c'è "originale") combaciando e differendo, smontando e rimontando. Così va a finire che è Giuseppe a finire in croce a trentatré anni, che Lazzaro non risorge per davvero perché Gesù non ha il coraggio di farlo; la visione di fondo è pessimistica, di un non senso generale, in cui Pastore/Diavolo è in fondo più benevolo del Dio egoista, sanguinario e insensato di cui costituisce e rappresenta l'opposto; gli eventi si susseguono senza eccessivi patemi d'animo, con un velo di indifferenza. L'unico punto fermo è quello che punto fermo è per davvero: l'amore autentico, profondo, incondizionato - in questo caso quello di Maria di Magdala, prostituta pentita, per Gesù, vero uomo e vero Dio. Quindi alla fine Saramago non è poi così blasfemo come potrebbe sembrare. Certo, c'è la distinzione paolina tra έρος, άγαπη e φιλία, ma questo è un altro paio di maniche.

Generalmente molto ben documentato nelle descrizioni, se non fosse per un piccolo dettaglio che da classicista e architetto-urbanista non mi sono lasciato sfuggire: nei villaggi di Israele non poteva esserci piazza, perché la piazza è un'invenzione greca, esportata solo in quella porzione del mondo ellenizzato che ellenizzata era effettivamente, quindi al massimo Sefforis e non certo Nazareth o Cafarnao...

José Saramago, Il Vangelo secondo Gesù, Bompiani, Milano 1993
[O Evangelho segundo Jesus Cristo, 1991]
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